venerdì 30 gennaio 2009

Keplero (1571-1630) e la fine dell'armonia delle sfere


Keplero, dopo sei anni di studi meticolosi sull'orbita di Marte e novemila grandi pagine di calcoli tracciati con la sua scrittura minuta (1) arriva a scoprire che, basandosi sull'ipotesi prevalente delle orbite circolari dei pianeti, si crea una sfasatura di ben otto minuti tra le posizioni di Marte realmente osservate e quelle che Marte avrebbe, invece, dovuto occupare secondo i suoi calcoli.

"... se avessi creduto di poter ignorare quegli otto minuti, avrei accomodato come conveniva la mia ipotesi. Ma poiché non era permesso ignorarli, questi otto minuti indicarono la strada per una completa riforma dell'astronomia ..." (2)

L'episodio degli otto minuti convinse Keplero che il suo problema specifico - l'orbita di Marte - era destinato a restare insolubile, a meno che non si abbandonassero i dogmi dell'astronomia: il moto uniforme, che aveva già scartato, e ora occorreva sbarazzarsi anche del moto circolare.

"La conclusione è assai semplicemente che il tragitto del pianeta non è un cerchio - esso si incurva su due lati e si allarga negli altri due. Tale curva si chiama ovale. L'orbita non è un cerchio ma una figura ovale." (3)

Con l'incredibile modestia che caratterizza certi scienziati, Keplero non si sentiva un eroe nell'aver distrutto il sogno dell' "armonia delle sfere". Anzi, tutto ciò che aveva da dire in sua difesa era:

"Ho pulito le stalle di Augia dell'astronomia dei cicli e delle spirali, e non ho lasciato dietro di me che una carrettata di letame." (4)

Questa carrettata di letame - il moto non uniforme in orbite non circolari - si poteva spiegare e giustificare soltanto con argomenti della fisica, e non della geometria. (5)


P.S. Al momento tutto ciò che ho a disposizione a livello grafologico è la descrizione di "scrittura minuta" (come è facilmente immaginabile).


1-5 Tratto da A. Koestler, L'atto della creazione, Casa Editrice Astrolabio, pagg. 118-119.


domenica 11 gennaio 2009

Galileo Galilei e la fisica sperimentale
























"... Galileo è completamente e spaventosamente moderno nella sua filosofia coerentemente meccanicistica. Da qui nasce il suo sprezzante rifiuto, in una sola frase, della spiegazione di Keplero delle maree come dovute all'attrazione della luna". Riferendosi a Keplero, Galileo scrive infatti: "il quale, di ingegno libero e acuto, e che aveva in mano i moti attribuiti alla Terra, abbia poi dato orecchio e assenso a predomini della Luna sopra l'acqua, ed a proprietà occulte, e simili fanciullezze". (1)


A questo proposito, dal punto di vista grafologico si osserva che diversa è la combinazione per la fisica sperimentale e quella teorica.
La capacità di sperimentare pazientemente sui moti del pendolo, sulla caduta libera e sulla discesa dei corpi lungo un piano inclinato e su cento altri problemi esaminati dal grande scienziato, richiede una personalità con molta memoria materiale, tipica della strettezza di lettere e tra lettere, in grado di osservare attentamente tutti i diversi aspetti della materia, comprese le variazioni più sottili che possono avvenire in risposta ai minimi cambiamenti ambientali o sperimentali. Quindi un forte disuguale metodicamente, per l'intuizione molto originale, ma anche la strettezza di lettere e tra lettere, che sostiene perfettamente la personalità nel rigore osservativo, e quindi anche interpretativo: niente concessioni, niente voli mentali, ma fatti, intesi proprio come aggancio materiale. E si può capire perché, per lui, l'idea decisamente astratta per il suo tempo, di una forza (ma quale forza?) che collega la luna alle maree possa risultare eccessivamente mistica per un fisico sperimentale con la sua formazione.
Al contrario la fisica teorica necessita di larghezza di lettere e tra lettere almeno sulla media e di adeguata larghezza tra parole (Newton, ad esempio), per avere una mente attratta dalle formulazioni speculative, razionali e concettuali, oltre che per la capacità di cogliere le contraddizioni interne che possono essere presenti nel sistema teorico elaborato.


1 . Arthur Koestler, L'atto della creazione, Casa Editrice Astrolabio, Roma 1975, pag. 418