martedì 23 giugno 2009

La conturbante, sensuale Sarah Bernhardt

"La vita scandalosa e l’immenso successo della Bernhardt affascinavano tutti. Aveva passato da poco la trentina e stava per diventare una leggenda e un feticcio. […]
I giornalisti telegrafavano nei paesi stranieri le notizie che la riguardavano.
I romanzieri […] ispiravano a lei le loro eroine, i pittori esponevano i suoi ritratti.
Il pubblico, esaltato da un personaggio che poteva idolatrare e criticare, seguiva ogni sua mossa […]
Le sue crisi di rabbia […] erano considerate magistrali, la sua arroganza regale, la sua promiscuità il diritto divino delle regine.
"
(tratto da A.GOLD E R. FIZDALE, La divina Sarah. Vita di Sarah Bernhardt, Milano, Mondadori, 1992)


"Rappresenta tutte le passioni primordiali della donna, ed è estremamente affascinante. Una donna simile io potrei amarla, amarla alla follia, anche solo di una pura passione sfrenata. […] Quando penso a lei, sento ancora nel petto il peso che vi ha gravato per giorni e giorni dopo che l’ho vista." Era il 1908 quando il ventitreenne David Herbert Lawrence, dopo aver visto Sarah Bernhardt recitare nella Signora delle camelie, scrisse tali parole che bene testimoniano del suo turbamento di giovane maschio di fronte alla sensualità prorompente della Divina. Se non si tiene ben conto della data, il 1908, appunto, l’affermazione dell’autore de L’amante di Lady Chatterley potrebbe essere recepita come un bell’apprezzamento con un pizzico di esagerazione quando egli afferma di essere rimasto sconvolto per giorni a causa di quel turbamento. Partendo, invece, proprio dalla data, si rimane sbalorditi di fronte alla dichiarazione di Lawrence, in quanto nel 1908 la Bernhardt aveva 64 anni (essendo nata a Parigi nel 1844). Ecco, allora, che si disegna davanti agli occhi l’immagine di una donna che, nonostante l’età, al di là, si vorrebbe dire, dell’età, era in grado di indossare le vesti della donna fatale, del fascino femminile, della quintessenza della sensualità.

A ciò si aggiunga che la Bernhardt non affascinava gli spettatori soltanto con la forza della propria bellezza, ma anche con il suo personale modo di stare in scena che – contrariamente ai canoni recitativi dell’epoca, basati soprattutto sulla perfetta dizione – coinvolgeva tutto il corpo; da voce si faceva gesto: «[…] le sue lusinghe, le implorazioni, gli abbracci: è incredibile quali pose sa assumere e in quale modo ogni arto, ogni giuntura del suo corpo recita con lei.»[2] aveva scritto nel 1885 un ventinovenne Sigmund Freud di una quarantunenne Sarah Bernhardt
.
(tratto da un articolo di Danilo Ruocco,pubblicato su www.divismo.it/IDivi/Bernhardt/tabid/65/Default.aspx)

Ruocco, nel suo articolo, ricorda che la Bernhardt ebbe numerose relazioni con uomini ricchi e potenti, che le facilitarono l'ascesa. L'interesse della precisazione, però, è dovuta al fatto che la sua intensa vita sessuale viene messa in relazione con il suo particolare modo di recitare. "Ci si potrà ora chiedere il perché, per spiegare la differenza esistente tra le “pose” degli attori francesi e quelle della Bernhardt, si sia ricordato che la Divina fu anche prostituta. La ragione sta nel fatto che si suppone che l’uso del corpo fatto da Sarah durante la vita da cortigiana, influenzò l’uso del corpo fatto dalla Bernhardt in scena. Un corpo sinuoso, sensuale, si vorrebbe dire spudoratamente al centro dell’attenzione, pronto, anche, ad assume pose conturbanti. Tale era il corpo di Sarah Bernhardt, cortigiana e attrice. Le “pose” plastiche degli attori tragici francesi, frutto, anche, della tradizione interpretativa stratificatasi su una data parte, non erano, evidentemente, assimilabili alle “pose” di Sarah, frutto, invece, del suo modo personale di avvicinarsi alla parte da interpretare."

Dal punto di vista grafologico, qui regna incontrastato il segno Profusa, vale a dire il sentimento che si espande senza alcuna misura. Corrisponde alla negazione totale di ogni forma di razionalità, di tecnica, o anche di semplice capacità di posticipare o di calibrare l'azione in vista di un fine. Scrive Moretti: "è il segno dell’espansione ... si tratta di tendenza, di processo incosciente. Il sentire è la principale funzione psichica dell’espansivo ... e può essere seguita o no dal pensare" (Att, 120). Il segno "è indice della tendenza alla affettività che si riversa sugli altri ... Siccome questa affettività non è ordinariamente controllata dalla ragione, dalla logica, ne viene che l’espansivo porta con sé la maggiore labilità affettiva. Direi che l’espansivo si accomoda a tutte le forme dell’affettività e di conseguenza può passare dall’intensità di una alla intensità di un’altra. Per questo ha la disposizione ad internarsi in queste intensità e a rievocarle e a riprodurle nella fantasia per mezzo dell’introspezione. Ecco perché il segno Profusa è il segno della novellistica, del romanticismo." (Att, 121)