Secondo quanto pubblicato nel sito di "Le Scienze" (1) e dalla rivista "Mente e Cervello" (2), il compositore era affetto da afasia progressiva primaria e da una degenerazione corticobasale.
Pare che nella sua ultima e più famosa opera, il Bolero, portata a termine nel 1928, Maurice Ravel sia stato molto più influenzato dal deterioramento della parte sinistra del suo cervello, piuttosto che dalla vena artistica.
"Nel brano si alternano due temi melodici principali, che si ripetono otto volte per 340 battute, in un graduale e continuo crescendo, dal pianissimo iniziale fino al travolgente finale, per un totale di 18 sequenze musicali (nove ripetizioni del tema A e nove del tema B). In parallelo, si basa su due semplici linee di basso staccato (l'accompagnamento ritmico del tamburo) che si alternano l'una con l'altra. Il Bolero è stato definito un esercizio di compulsività di struttura e anche di perseverazione: non cambia infatti fino alla 326° battuta, quando improvvisamente accelera. (2)
"Il Bolero contiene di fatto solo due temi, ognuno ripetuto 30 volte, ma ha anche 25 diverse combinazioni di suoni. Ravel stesso lo descrisse come «un tessuto orchestrale senza musica.» Ovviamente, discriminare tra l'evoluzione della malattia e lo sviluppo artistico è molto difficile." (1)
"La malattia di Ravel potrebbe essere incominciata in forma asintomatica proprio in quel periodo, in cui i suoi manoscritti mostrano segni di deterioramento." (2)
Deborah Mawer, della Lancaster University ricorda, infine, che alla fine della sua vita Ravel si interessò di meccanizzazione, e questo potrebbe spiegare la ripetitività del Bolero. (1)
Dalla documentazione grafologica reperita (due sottoscrizioni risalenti al 1925 e una cartolina del 1928), la personalità di Ravel appare incredibilmente sostenuta dal punto di vista tecnico, e pochissimo dal punto di vista musicale, anche se con una notevole differenza tra firma e testo. Le tre firma, sicuramente autografe, si
presentano coerenti nella strettezza di lettere e tra lettere, molto frammentate e rigidamente staccate, oltre che caratterizzate da strani allunghi rettilinei sotto il rigo di base. Tutto si direbbe, tranne che la scrittura di un musicista.
Il testo che compare nella cartolina, apparentemente della stessa mano, pur sempre tracciato con lettere staccate e con una notevole strettezza, si presenta però più spigliato, non privo di disuguaglianze e con una certa variabilità nell'inclinazione, tutte caratteristiche che danno un po' di respiro a quel tecnicismo pignolo che compare nelle firme.
Se tutto il materiale è di mano di Ravel, interessante sarebbe cercare di capire perché, in questo caso, contro ogni principio peritale, l'artista dimostri maggiori difficoltà nel tracciare in modo spontaneo la firma (che di norma essendo maggiormente automatizzata conserva più a lungo gli automatismi basilari anche in caso di malattia) rispetto al testo.
1. Le Scienze, 23 gennaio 2002 (lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Nuove_ipotesi_sulla_demenza_di_Maurice_Ravel/1289533
2. Mente & Cervello, n. 43, luglio 2008, p.58
domenica 22 marzo 2009
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