domenica 29 giugno 2008

La Divina Eleonora


Eleonora Duse ( 1858-1924) è la "divina" per antonomasia, oggetto di fanatismi, dovunque accolta da ovazioni, coperta di omaggi, inseguita da tributi deliranti.

"Cos'ha di unico e speciale? Non una bellezza travolgente o una sensualità selvaggia o un corpo che fa fantasticare in quanto tale. Piuttosto è pallida e mingherlina, col viso privo di trucco (non ne portava mai, né in scena né fuori) scavato in lineamenti irregolari e incerti. Eppure emana il senso conturbante di un "altrove". E' un'anima riflessa nel volto, soprattutto negli occhi immensi, che pescano bagliori in zone misteriose. Ed è un talento interpretativo modernissimo, non solo per l'assenza di retorica e l'essenzialità del gesto, peculiarità inconsuete in un'epoca di recitazioni appariscenti e declamatorie, ma nella capacità di metamorfosi che di volta in volta la rende meravigliosa o perfida, spiritata o carnale, decrepita o bambina, casta come Ofelia e soave come Desdemona oppure feroce come una belva, secondo quanto narrano le cronache della Teresa Raquin di Zola, suo primo, grande trionfo a Napoli. 'Essere' il personaggio: questo era la Duse. Diventarlo non cogliendone l'esteriorità, ma ricreandolo con originale verità poetica, secondo un metodo vicino a quello di Stanislavskij e su una linea volta al futuro, la stessa che avrebbe condotto all'Actor's Studio e ai massimi attori del cinema americano degli ultimi decenni del Novecento."

Così scrive la giornalista Leonetta Bentivoglio nel quotidiano La Repubblica (1 giugno 2008), che presenta un ritratto della Duse estremamente concordante con quanto emerge dall'analisi della grafia, dominata dal segno Slanciata. Quindi siamo di fronte ad un'intensa e irruente fusione delle due dimensioni cuore e mente, unita ad un'eccezionale originalità espressiva (Disuguale metodicamente, Angoli A). La personalità, inoltre, è caratterizzata dalla capacità di effettuare analisi immediate (Staccata a tratti) e conseguenti adattamenti repentini (Veloce, Slanciata, Recisa), che le consentono un'azione efficacemente coordinata a quella degli altri interpreti presenti in scena.
Il complesso dei segni dati determina l'attitudine per tutti i ruoli espressivi intensi e attivi, oltre che stroncanti (difficile concepirla, ad esempio, in ruoli femminili passivi o dolci) in cui l'espressione viene accentuata dall'emotività e dalla sicurezza esteriore (Ricci del soggettivismo molto marcati).
Il fortissimo dinamismo che la caratterizza, all'insegna della semplificazione sostanziale delle tematiche psicologiche rappresentate, da cui si deduce l'impossibilità di rappresentare ruoli diversi da quel nucleo passionale che appartiene alla sua natura, corrisponde ad una caratteristica che appartiene agli attori del cinema moderno, che necessita di adattamenti rapidi, impulsivi e complessi, e di una notevole indifferenza nei confronti delle forme espressive consolidate.
Datata, invece, risulta l'accentuazione della marcatura grafica, che non appartiene al gusto moderno di sentimenti espressi con vivacità, ma non troppo caricati a livello emotivo e volitivo.

domenica 15 giugno 2008

Il Divo Giulio



Impossibile descrivere brevemente Giulio Andreotti.

Meglio citare Beppe Grillo, che ha efficacemente sintetizzato la complessità del personaggio in questo modo:
«Non sapremo mai la verità su Andreotti, la sapremo quando morirà e gli toglieranno la scatola nera dalla gobba...»

Oppure Oriana Fallaci:
"L'intelligenza, perbacco se ne aveva. Al punto di potersi permettere il lusso di non esibirla. A ogni domanda sgusciava via come un pesce, si arrotolava in mille giravolte, spirali, quindi tornava per offrirti un discorso modesto e pieno di concretezza. Il suo humour era sottile, perfido come bucature di spillo. Lì per lì non le sentivi le bucature ma dopo zampillavano sangue e ti facevano male."

Paolo Sorrentino, regista del film "Il Divo", dedicato appunto ad Andreotti, dichiara ad un giornalista di Repubblica:
"Il personaggio racchiude in sé tre elementi affascinanti: la forza simbolica dell'uomo di potere, quella reale di uno che ha segnato cinquant'anni di storia italiana e poi una complessità psicologica formidabile."
"Davanti al progetto di un film su di lui non appariva né seccato né lusingato. Si schermiva con frasi: 'Meglio lo facciate dopo la mia morte'. Mi è apparso assai poco interessato a quanto avevo da dirgli. E moderatamente interessato a quello che mi diceva. La mia impressione è che, sotto l'apparente modestia, nutra un forte complesso di superiorità. Non tratta nessun interlocutore alla pari. Carpirgli un tratto di umanità è impresa disperata. anche per via della blindatura cinica." (1)

Con queste premesse, è come pretendere di analizzare psicologicamente la sfinge!
Accettando la sfida, della scrittura colpisce la
tendenza massima alla semplificazione grafica: lettere tracciate in modo essenziale che, unitamente al calibro piccolo, portano la personalità alla ricerca continua di ridurre tutto ai minimi termini per cogliere l'essenza netta delle questioni esaminate.
Nessuna arte diplomatica, in Andreotti, ma un pensiero rigoroso, profondamente originale (Disuguale metodicamente), tendente alla profondità e ad una discreta apertura nel giudizio.
Ciò che effettivamente si coglie è una mente inquieta (Scattante), curiosa (Disuguale metodicamente), indagatrice (calibro piccolo), equilibrata nel giudizio (Ponderata).
A livello di sentimento, si coglie qualcosa che ha a che fare con la diffidenza precauzionale, associata senz'altro al segno Rovesciata, ma anche a quella torsione letterale che, a livello di ritmo, rallenta l'espressione del suo pensiero. Essendo un uomo estremamente esigente, anche nei confronti di se stesso, rallenta mentre cerca la sintesi massima del suo pensiero unico e originale. E per fare questo ci vuole tempo.
Leggendo la descrizione di Oriana Fallaci, colpisce il parallelismo con la grafia: " ... si arrotolava in mille giravolte, spirali, quindi tornava per offrirti un discorso modesto e pieno di concretezza." L'apparente modestia e concretezza provengono dalla fortissima tendenza alla semplificazione senza sacrificare in alcun modo l'essenza della cosa esaminata, e non certo al fatto che sia un uomo 'concreto'. Al contrario è un uomo che ama interrogarsi continuamente a livello mentale. Anche il fatto di non aver bisogno di esibire la sua intelligenza, è dovuta alla sua sicurezza interiore in merito alla potenza e all'originalità del suo pensiero (calibro piccolo, disuguale metodicamente, triplice larghezza sopra media: una combinazione di grande potenza!).

Di lui si può dire: in ogni cosa che ha fatto, c'era la piena consapevolezza di un uomo che ha pesato, ponderato, semplificato e molto diffidato, sicuramente degli altri, e probabilmente anche di sé. Per questo la citazione che gli è attribuita, "A pensar male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina", è qualcosa che gli appartiene anche a livello di personalità.


1. Il Venerdì di Repubblica, 9 maggio 2008